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Zverev e l'ora della Next Generation

Zverev e l'ora della Next Generation

Redazione

27.05.2016 ( Aggiornata il 27.05.2016 10:36 )

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Pochi luoghi comuni giornalistici sono fastidiosi e al tempo stesso azzeccati come l'espressione Next Generation, per riferirsi a un gruppo di giocatori di età leggermente diverse ma accomunati dal talento e dalle prospettive: Thiem, Sock, Zverev, Kyrgios, Coric, solo per citare i migliori. Tutti ancora in corsa dopo quasi una settimana di Roland Garros, una buona notizia. Ovviamente nelle storia del tennis e di qualsiasi altro sport è sempre esistita una Next Generation, pronta a prendere il posto dei campioni del presente, ma questa è forse la più attesa di tutte perché mai nella storia di questo sport un gruppo ristretto di campioni ha dominato i tornei più importanti per oltre un decennio come sono stati capaci di fare Federer, Nadal, Djokovic e tutto sommato anche Murray che di tornei dello Slam ne ha incredibilmente, visto che ha 29 anni, vinti soltanto due. Il pretesto per parlare di questa svolta ci arriva dalle due partite più interessanti del terzo turno del Roland Garros, quella fra Zverev e Thiem e quella fra Kyrgios e Gasquet che nella generazione Nadal fa parte dei grandi delusi insieme a Berdych e Tsonga: gente che infilandosi nella corsia temporale giusta (l'inizio degli anni 2000, per esempio, quando numeri 1 sono stati Kuerten, Hewitt, Ferrero e Roddick) o in un tabellone particolare (gli U.S. Open di due anni fa, quelli della finale Cilic-Nishikori) avrebbe senz'altro molti più trofei nella metaforica vetrinetta in soggiorno. Della Next Generation quello che gioca il tennis più al limite e più divertente è Thiem, il più personaggio Kyrgios, ma quello che forse diventerà numero uno è, a detta della maggior parte degli addetti ai lavori, Zverev. 19 anni compiuti in aprile,attuale numero 41 del ranking, tedesco di famiglia russa ma formatosi anche nella inevitabile academy in Florida (non quella che fu di Nick Bollettieri, ma la Saddlebrook dove allenò il leggendario Harry Hopman, il maestro dei grandi australiani), Zverev è stato programmato per il tennis dal padre Alexander, suo omonimo, ai suoi tempi niente di che, e dal fratello Misha, più vecchio di 10 anni e con un passato nei primi 50. Allenato da Gunter Bresnik, ex guida di Becker ma anche dei più recenti Gulbis e Thiem, Zverev non è geniale ma ha una notevole solidità con entrambi i colpi da fondocampo, un grande servizio e una buona mobilità. Con lui fra tre o quattro anni non rivedremo il tennis dei gesti bianchi, ma una credibile replica di Djokovic forse sì: anche se del serbo gli mancano, al momento, la concentrazione mostruosa sui punti decisivi, l'intelligenza tattica e un notevole tocco che non sempre viene riconosciuto all'attuale numero uno. Fa male ricordare che con gli Zverev, i Coric e i Kyrgios ai tempi dei tornei juniores Gianluigi Quinzi se la giocava più che bene (citiamo anche il quasi scomparso Kokkinakis), ma il tennis degli adulti è ormai quasi un altro sport ed è anche per questo che oggi nel circuito ci sono così tanti trentenni.

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