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L'atletica triste senza Tamberi

L'atletica triste senza Tamberi

Redazione

20.07.2016 ( Aggiornata il 20.07.2016 13:32 )

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A cinque giorni dall'infortunio alla caviglia, e il giorno dopo l'operazione effettuata a Pavia, ancora non riusciamo ad accettare che Gianmarco Tamberi non possa partecipare ai Giochi di Rio, ma l'atletica e soprattutto la vita sono ingiuste: non è una scoperta del 2016. L'unica vera speranza azzurra di medaglia, campione mondiale indoor ed europeo all'aperto, a Monte Carlo non ha lasciato soltanto un record italiano stellare (2,39) e le speranze olimpiche, ma anche l'interesse che la sua figura avrebbe destato in quel pubblico generalista che ha bisogno del campione azzurro per appassionarsi a sport diversi dal calcio. Può non piacere, ma funziona così e non è soltanto colpa dei media che parlano di Higuain e Pogba. Una sciagura per la nostra atletica, che a questo punto in Brasile può soltanto sperare in un jolly pescato dai marciatori e soprattutto dalle marciatrici, complice l'assenza della Russia. In questi giorni molti esperti si sono esercitati nella risposta alla domanda delle domande: la colpa dell'infortunio è stata di quel (secondo) tentativo a 2,41 o Tamberi avrebbe avuto le stesse probabilità di farsi male in allenamento? Allenatori e medici concordano soltanto sul fatto che il legamento deltoide della caviglia sinistra si sia lacerato per l'eccessiva inclinazione (eccessiva rispetto alla meccanica del Tamberi medio), rispetto al terreno, della caviglia negli ultimi appoggi, ma nessuno può affermare con certezza che in altri contesti e su misure inferiori Tamberi avrebbe corso meno rischi. Diversamente nessuno si farebbe male in allenamento o nelle qualificazioni a misure da decathleti, come invece avviene spesso. Di sicuro un salto in più è sempre un rischio in più, ma rinunciare ad inseguire il cielo non sarebbe stato un comportamento da Tamberi. In altre parole: è con questo atteggiamento aggressivo (quello che, per dire, manca a un talento come la Trost) che Tamberi è riuscito a fare il vero salto di qualità. Peccato, perché la sua presenza sarebbe stata importante per lui stesso ma anche perché avrebbe dato una luce diversa ai segnali di risveglio che sta dando l'atletica italiana, che fra l'altro ai Mondiali juniores in Polonia si sta comportando bene: la Stella ha appena vinto una grande argento nella marcia, ma da Tortu a Riva si vede che c'è materiale umano su cui lavorare sperando che la mentalità dei gruppi militari non stronchi tutto sul nascere. Tornare a mani vuote da Rio, perché non vogliamo nemmeno pensare che Schwazer possa gareggiare sub judice, è a questo punto quasi una certezza. Ma non tutto è da buttare e quando finalmente si potranno eseguire test veri in alcuni paesi africani e caraibici allora ci sarà forse addirittura da ridere.

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