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Dopo Djokovic© Getty Images

Dopo Djokovic

Le ATP Finals vinte per la settima volta dal fuoriclasse serbo lasciano un Sinner ingigantito come status e come ambizioni. Anche prima che vinca uno Slam si può dire che uno così il tennis italiano non lo ha mai avuto...

Stefano Olivari

20.11.2023 ( Aggiornata il 20.11.2023 09:28 )

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Novak Djokovic è il giocatore più forte del 2023 e di tutto il tennis del Ventunesimo Secolo, quello con avversari, superfici e calendari paragonabili. Ma che abbia vinto le ATP Finals di Torino è lo stesso una notizia, perché lo ha fatto contro Jannik Sinner in quella che senza alcun dubbio è stata la partita di tennis più importante della storia giocata in Italia. E anche la partita più importante nella storia del tennis italiano, insieme a Pennetta-Vinci finale degli US Open 2015 e Djokovic-Berrettini finale di Wimbledon 2021.

Contro Sinner in finale un Djokovic diverso da quello che martedì nel girone aveva perso contro lo stesso Sinner, ma soprattutto un diverso Sinner, decisamente più stanco, con un diritto discontinuo e meno punti facili nei suoi turni di servizio. Poi Djokovic per un set e mezzo è stato ingiocabile nei suoi, di turni di battuta, leggendo poi bene la variazioni tentate da Sinner. Che anche al netto delle retorica patriottica esce ingigantito da questa settimana in cui ha fatto capire a tutti, lui per primo, che la sua carriera non si fermerà alla pur pazzesca posizione numero 4 del ranking ATP. Se il fenomeno serbo si ritirerà dopo le Olimpiadi di Parigi, ma non si vede perché dovrebbe farlo al di là dei 37 anni che avrà, tutti i grandi tornei vedranno Sinner, Alcaraz e Medvedev fra i favoriti, aspettando l’ultimo passo di Rune.

Ecco, Rune. Contro il danese Sinner ha vinto e perso le sue Finals, nella terza partita del girone: le ha perse perché ha rimesso in corsa Djokovic, che dopo il set perso con Hurkacz si sentiva già eliminato, le ha vinte perché è stato onesto evitando biscotti. Una onestà aiutata dai 390.000 dollari di differenza fra la vittoria e la sconfitta, ma che comunque nello sport professionistico non è scontata. Ha comunque cittadinanza anche l'opinione secondo cui Sinner avrebbe dovuto perdere buttando fuori dal torneo l'avversario più pericoloso, in fondo la strategia fa parte dello sport. Tornando a Sinner, bisogna dire che finale a parte il paragone con Djokovic sta in piedi perché in ogni torneo, comunque finisca, sembra aggiungere qualcosa al suo gioco senza paura di rimanere a metà del guado: la scelta di farsi consigliare, non diciamo guidare, da Darren Cahill, è stata quindi vincente. Prima ancora che conquisti il primo Slam della carriera si può dire che uno così il tennis italiano non lo ha mai avuto, per continuità ad altissimo (i primissimi adesso li batte spesso) livello.

E chissà che l’anno non si concluda con la conquista della Coppa Davis nelle finali di Malaga in cui l’Italia, pur senza Berrettini e con un Musetti in un cattivo periodo (da non escludere la fiducia ad Arnaldi come secondo singolarista), è fra le favorite. Nei quarti di finale l’Olanda e poi in caso di vittoria la Serbia di Djokovic, quindi con la rivincita di questa finale di Torino che potrebbe vedersi già sabato. Certo Sinner ha dimostrato una volta di più che può arrivare dove adesso è Djokovic. Ci riuscirà, ma quando non ci sarà più Djokovic o per lo meno questo Djokovic.

stefano@indiscreto.net

 

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