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Roland Garros, i puristi dell'ultimo Slam senza tetto

Roland Garros, i puristi dell'ultimo Slam senza tetto

Redazione

01.06.2016 ( Aggiornata il 01.06.2016 11:08 )

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Un giorno di pioggia quasi fissa è per il Roland Garros una tragedia finanziaria perché entro l'ora di gioco il rimborso dei biglietti è totale, per non parlare dei forti 'sconti' già previsti nei contratti televisivi in caso di maltempo. Due giorni consecutivi di pioggia sono, banalmente, una doppia tragedia, per un torneo che con quasi 500 milioni di euro di giro d'affari (fatturato più indotto direttamente riferibile) tiene a galla di fatto l'intero sistema tennis in Francia così come Wimbledon fa lo stesso per la Gran Bretagna. Parliamo di soldi anche perché quest'anno gli incassi degli Internazionali di Francia sono leggermente diminuiti del rispetto al 2015, impedendo così quei bollettini della vittoria che arrivano in occasione di ogni torneo. Dal 2016, fra l'altro, il Roland Garros è rimasto l'unico dei quattro tornei del Grand Slam a non avere nemmeno un campo dove si possa giocare al coperto grazie al tetto retrattile: da quest'anno infatti anche gli U.S. Open potranno garantire sull'Arthur Ashe Stadium una diretta televisiva assicurata di giorno e soprattutto nelle sempre molto produttive sessioni serali, che in Europa sono quasi un tabù culturale anche nei luoghi dove esistono. Il tema della copertura di campi dove per tradizione si gioca all'aperto è un po' ideologico e un po' finanziario. La parte finanziaria è facilmente valutabile: il Roland Garros, come spiegato dal suo direttore Guy Forget in questi giorni su tutti i media possibiliavrebbe le riserve sufficienti per avere la copertura entro il 2020. Possibilità che del resto avrebbe anche il Foro Italico, visto che l'impianto è del CONI e i soldi da lì (cioè dalle tasche degli italiani) arriverebbero. Più insidiosa quella ideologica: un po' perché qualche purista-nostalgico sostiene che il vero tennis sia soltanto quello outdoor e che la pioggia fa parte degli imprevisti, e un po' perché un lavoro strutturale è da anni osteggiato dai vari comitati di residenti nelle vicinanze del Bois de Boulogne. È un problema non soltanto parigino, quello dei residenti 'nimby' (cioè gente desiderosa che tutto avvenga lontano da casa propria) che vogliono i quartieri dormitorio e si lamentano per qualsiasi rumore, posto in maniera quasi sempre pretestuosa ma non per questo trascurabile visto che dell'elettorato francese non fanno parte né DjokovicMurray. Di certo c'è che la situazione parigina è in contrasto con le dimensioni economiche raggiunte oggi dagli Slam, in proporzione molto più importanti rispetto al resto del tennis di quanto non fossero fino agli anni Settanta, quando gli Australian Open (parentesi: attualmente tre campi coperti) erano un torneo di serie B e lo stesso Roland Garros era di un altro pianeta rispetto a Wimbledon: nel 1977 Bjorn Borg, che aveva vinto le edizioni 1974 e 1975 e avrebbe vinto quelle dal 1978 al 1981, lo saltò per giocare nel WTT con i Cleveland Nets... È assurdo che da una parte si chiedano sempre più soldi, con biglietti e diritti televisivi dai prezzi stellari e oltre 200 paesi collegati, mentre dall'altro si rivendichi una sorta di purezza da gesti bianchi o che comunque si tratti il pubblico pagante come una massa di pecoroni che dovrebbe ringraziare per il grande onore che gli si fa nel vendergli il biglietto. Non è quindi strampalato pensare che Madrid, già dotata di tetto, e soprattutto Roma possano in un futuro prossimo accorciare le distanze dai francesi anche se il treno del quinto Slam è già passato.

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