Il lunatico vortice che ha inghiottito la Roma, nella veste dei tanti portieri che negli ultimi dieci anni si sono avvicendati, potrebbe fortunatamente conoscere la sua fine. Tra titolari e riserve, tra Lobont, Curci o Goicoechea, tra Arthur, Stekelenburg o Julio Sergio, tra De Sanctis o Szcz&#281;sny, Walter Sabatini adesso rischia di regalare alla squadra una stabilit&agrave; che in quel ruolo si &egrave; avuta raramente. Il solo interessamento per Marco Sportiello, numero uno dell'Atalanta, &egrave; sufficiente per far soffiare il vento del cambiamento. Giovane (23 anni), ma gi&agrave; forte e con il tempo venturo a fargli da alleato. Una buona operazione di mercato passa da qui, da queste prerogative, come il Milan ha fatto con Romagnoli al di l&agrave; della natura economica o la Juventus con Rugani, anche se nel caso del difensore bianconero la situazione &egrave; leggermente diversa perch&eacute; ha davanti due intoccabili - seppur troppo spesso labili nelle ultime occasioni - come Chiellini e Bonucci. Se la carriera di Sportiello proseguisse in linea con quanto fatto vedere fino ad ora e mantenesse le aspettative alle quali ogni florido tesserato &egrave; sottoposto - ancora di pi&ugrave; se italiano, in virt&ugrave; dei soliti discorsi in ottica Nazionale -, la Roma avrebbe l'occasione di poter contare per otto anni o pi&ugrave; sulla stessa persona, ipotesi inverosimile nel calcio odierno. &Egrave; chiaro che stiamo avendo a che fare con delle congetture, per&ograve; basare un'opera di rifondazione su un 36enne (l'et&agrave; di De Sanctis all'epoca dell'acquisto) di discreto rendimento non ci fa perdere la testa per creativit&agrave; e lungimiranza. Poi magari bisognerebbe far capire a qualche tifoso che un giocatore non deve essere giudicato per il fatto di militare&nbsp;nell'Atalanta o nell'Arsenal. Anzi, a volte, il difetto &egrave; proprio questo. Quanto tempo avr&agrave; ancora bisogno Sportiello per entrare nelle convocazioni di Conte? Soprattutto se guardiamo alle ultime chiamate e notiamo che Padelli, in pi&ugrave; di Sportiello, ha solamente la fortuna di aver ascoltato dal vivo You'll never walk alone in un Anfield che si preparava alla finale europea di Atene, poi persa contro il Milan di SuperPippo. Se Szcz&#281;sny &egrave; solo di passaggio e De Sancits &egrave; in scadenza - anche se &egrave; probabile il rinnovo per un ulteriore anno -, il nome di Sportiello risulta pi&ugrave; che legittimo. Che Bergamo non sia Roma - per ricordare il difficile passaggio di alcuni dalla provincia alla citt&agrave; - &egrave; assodato, ma se non si fa nemmeno un tentativo...  @damorirne

Sportiello, il giusto nome per la Roma

La partita della Roma a Borisov, gi&agrave; analizzata dal Guerino, &egrave; stata troppo assurda per ripetersi, ma questo non toglie che la squadra di Garcia si stia giocando malissimo il suo fin troppo annunciato 'anno buono'. Quello con le tre grandi &nbsp;tradizionali in fase di rifondazione e con le altre tre pericolose (Napoli, Lazio, Fiorentina) con una rosa sulla carta inferiore a quella giallorossa, anche al netto della vicenda della lista UEFA mutilata (massimo 22 giocatori, causa sanzioni, ma il club ha fatto 'meglio' presentando un elenco di 21). Siccome Garcia non pu&ograve; essersi dimenticato come si guida una squadra, dopo il suo folgorante approccio con la capitale, &egrave; evidente che dal punto di vista umano dopo due anni e mezzo non ha pi&ugrave; in mano la situazione e non sar&agrave; certo il contratto prolungato (all'americana, viene da dire) fino al 2018, a quasi 6 milioni lordi a stagione, a difenderlo dalla cottura a fuoco vivo dell'ambiente, con tre favoriti per la sua successione morbida o traumatica: Ancelotti, Ancelotti, Ancelotti. Ad insaputa dell'interessato, a quanto ne sappiamo, ma lo scenario ha comunque una sua logica.  Siccome non mancheranno le occasioni per parlare del futuro di Garcia, andiamo diritti su quelle dei dirigenti. Che poi sarebbe meglio usare dirigente, al singolare, visto il potere quasi totale di Walter Sabatini su ogni minimo aspetto della vita romanista, con tutto il rispetto per Zanzi e Baldissoni. Colpe? Dire che la Roma ha fatto un cattivo mercato significa avere una memoria che non va pi&ugrave; indietro di un mese, visto che questa estate dalla solita girandola di compravendite sabatiniane con le formule pi&ugrave; strane &egrave; uscito uno squadrone e lo ribadiamo anche in questo momento. L'attacco &egrave; di livello clamoroso per la serie A, al di l&agrave; della Champions, con tre su sei fra Dzeko, Iago Falque, Salah, Totti, Iturbe e Gervinho che devono sempre stare fuori e in prospettiva anche un talento come Ponce. Il centrocampo, anche quello che per un tempo a Borisov &egrave; sembrato inesistente, &egrave; pieno di giocatori poco creativi (tranne Pjanic) ma tutti affidabili, semmai paga la coperta corta in difesa dove spesso viene richiamato De Rossi: difficile poi dare a Garcia o Sabatini le colpe di quanto successo a Strootman, anche se qualcuno lo ha fatto. La difesa ha di sicuro poche alternative, ma un recupero pieno di Castan al centro potrebbe bastare a tenere botta in un momento in cui 'Romagnoli laziale, giusta la cessione' &egrave; diventato 'Manca Romagnoli' (e pazienza se nel Milan non ha finora entusiasmato). Tutto questo per dire che a volte nel calcio le cose non funzionano senza che ci siano colpe specifiche ed &egrave; un po' da frustrati trovarle a tutti i costi.  Di certo la situazione &egrave; esplosiva, se &egrave; bastata una innocente frase di Francesca Brienza (giornalista di Roma Tv e fidanzata di Garcia) su Ancelotti a scatenare il putiferio. Entrando nello specifico, perch&eacute; non siamo tuttologi che riescono a guardare 128 partite alla settimana (nessuna idea di come giochino Levante o Mouscron, ma onestamente nemmeno il Bari) mentre quelle dei grandi club italiani le seguiamo tutte con attenzione, la Roma di Garcia non sembra una squadra atleticamente all'altezza dello scudetto (mentre tecnicamente senz'altro lo &egrave;), perch&eacute; riesce ad alzare il ritmo soltanto quando si sta materializzando un risultato negativo. Sta accadendo troppo volte, in campionato di sicuro con Frosinone e Sassuolo. I maligni, usiamo questa formula giornalistica un po' vile, dicono che Garcia sorrida nel vedere la squadra sulle ginocchia, perch&eacute; non si ritiene responsabile della preparazione atletica: l'anno scorso il responsabile Paolo Rongoni dipendeva direttamente da lui, mentre quest'anno la struttura &egrave; stata in pratica affidata a Darcy Norman ed Ed Lippie, per precisa volont&agrave; di Pallotta (forse la sua prima scelta calcistica forte, in prima persona), che gi&agrave; a Pinzolo sembravano corpi estranei rispetto a Garcia. Curioso (abbiamo controllato sul sito della Roma prima di questo articolo) che non compaiano nello staff di Garcia ma fidatevi, esistono e non sono nemmeno gli ultimi arrivati (Norman ha lavorato con Bayern Monaco e Germania). Certo imputabile a Garcia &egrave; la scarsa attenzione degli attaccanti (tutti) alla fase difensiva, con centrocampo in affanno soprattutto a inizio partita quando gli avversari sono freschi. Va da s&eacute; che la pezza potrebbe essere ri-spostare Florenzi in avanti e riesumare Maicon, creando per&ograve; uno scontento in pi&ugrave; fra gli esclusi dell'attacco. Lo ribadiamo: la Roma ha tutto per rimettersi in carreggiata, ma troppe persone al suo interno potrebbero trovare conveniente, al di l&agrave; del contratto residuo, tenere Garcia nel mirino fino a fine stagione. Senza esonerarlo, ma con un colpevole di giornata gi&agrave; pronto.  Twitter @StefanoOlivari

L'anno buono della Roma, forse

C'&egrave; stato un tempo in cui il Milan scendeva in campo con Baresi e Costacurta ed era capace di giocare a viso aperto anche contro Cerbero e Golia. C'&egrave; stato un tempo in cui il Milan decideva di risparmiare sul reparto arretrato, giocando - non senza paura - con Mexes e Zapata, quest'ultimo lontanissimo dai livelli visti a Udine. Alessio Romagnoli, classe 1995, &egrave; l'intermezzo tra le due categorie appena citate. Vent'anni e la consapevolezza di essere gi&agrave; grande, dimostrata lo scorso anno in maglia blucerchiata, sotto la gestione di Mihajlovi&#263;. Colonna, insieme a Rugani, della Nazionale Under 21 e lo sar&agrave; anche nel prossimo biennio di Di Biagio. In realt&agrave;, uno cos&igrave;, potrebbe figurare stabilmente nelle convocazioni dei big. L'investimento non &egrave; di quelli leggeri, 25 milioni - senza considerare i bonus - sono tanti per l'et&agrave; del giocatore. Per&ograve; non si pu&ograve; non lodare l'operazione di mercato, al Milan arriva un centrale che si spera possa porre rimedio ai disastri degli ultimi anni, nell'immediato e nel futuro. E nel crudele ma veritiero gioco degli opposti, la mente corre ai due che dal nuovo millennio in poi hanno deliziato i tifosi rossoneri. Uno &egrave; Nesta, al quale Romagnoli &egrave; stato spesso paragonato, l'altro &egrave; Thiago Silva. A Milano si sorride, ma a Roma non sono da meno. In alto i calici, perch&eacute; l'affare lo ha portato a compimento anche Walter Sabatini. Strano a dirsi, i vincitori sono due. Come accaduto nella trattativa Bertolacci, la dirigenza capitolina vedr&agrave; incrementate le proprie finanze per uno che - pu&ograve; essere forte quanto volete - non &egrave; mai stato al centro del progetto. Spieghiamo meglio. Sicuramente lo sarebbe stato, se fosse rimasto. Ma vuoi la carta d'identit&agrave;, vuoi il prestito a Genova, vuoi Benatia e&nbsp;Castan prima&nbsp;o Manolas dopo, non aveva ancora avuto l'occasione e il tempo di entrare nell'11 titolare. Tanti bei milioncini in saccoccia, quindi, con il binocolo orientato verso il Parco dei Principi, c'&egrave; Digne in pole. L'idea di Walterone &egrave; quella di piazzare qualche altro colpo, sempre per la retroguardia. L'importante &egrave; non collezionare figurine. In questi giorni per esempio si sta parlando di Ranocchia e Garay, ecco, tra i due c'&egrave; l'abisso. Sempre meglio pochi, ma buoni.  @damorirne

Romagnoli, l'affare &egrave; di Milan e Roma

C'&egrave; chi ha gi&agrave; quasi ultimato la propria campagna acquisti, vedi la Juve con gli arrivi di Mandzukic, Dybala, Khedira e via dicendo, chi cerca&nbsp;di ricostruire il non esaltante organico dell'ultima stagione, vedi Inter e Milan, e chi, come la Roma, lavora&nbsp;in differita.  Dopo aver perfezionato le cessioni di Bertolacci, Viviani e Pellegrini, rispettivamente al Milan, al Verona - che ha vinto lo sprint finale con il Palermo di Zamparini - e al Sassuolo, i giallorossi stanno adesso cercando di strappare il s&igrave; di Sergio Romero. Il portiere della Nazionale argentina, che si sta confermando su ottimi livelli in Coppa America, non ha rinnovato con la Sampdoria e il ds Walter Sabatini avrebbe avviato i primi contatti con l'agente del Chiquito, Mino Raiola.  La paura per i tifosi della Roma, per&ograve;, &egrave; che si arrivi a ridosso del campionato senza un nome blasonato. Intavolare e soprattutto chiudere una trattativa in tempi brevi non &egrave; una passeggiata, bisognerebbe capire le intenzioni di societ&agrave; e allenatore per far s&igrave; che non si ripetano i primi giorni di febbraio, quando la squadra di Garcia si ritrov&ograve; senza 15 milioni di euro e con la firma di Doumbia, non proprio un fiore all'occhiello. Spolli? Il centrale argentino &egrave; arrivato dal Catania a scaldare la panchina per ben dodici volte e guardare i compagni dalla tribuna per altre quattro. Una sola presenza, durante l'ultima di campionato, nella sconfitta casalinga contro il Palermo. Ci sfugge ancora l'utilit&agrave;.  Di certo il tesoretto che si accumuler&agrave; dalle possibili partenze di Destro e Gervinho servir&agrave; come prima cosa a risanare il bilancio, ancora in rosso secondo gli ultimi dati ufficiali. Per arrivare al grande attaccante (si parla di Dzeko) &egrave; dunque necessario far cassa. Il nuovo provvedimento della UEFA in materia di Fair Play Finanziario ha poi deciso di alleggerire le norme sul pareggio di bilancio. In che modo? Alle societ&agrave; che non sono state punite negli ultimi tre anni &egrave; consentito di avere un deficit pi&ugrave; ampio dei 30 milioni di euro sulla base di una documentata previsione di crescita degli utili. Ma la Roma &egrave; costretta a guardare, sanzionata dall'organo presieduto da Michel Platini lo scorso maggio. Multa e rosa ridotta per le coppe europee. Ed &egrave; in questo senso che il lavoro di Sabatini diventa ancora pi&ugrave; gravoso.

Roma, ma quando compri?

La parte finale del calciomercato &egrave; stata come al solito ricca di colpi di scena, anche se la tristezza dei nomi per i quali ci si &egrave; scannati &egrave; evidente. Un'analisi finanziaria &egrave; inutile, perch&eacute; quasi tutti i grandi club hanno chiuso in equilibrio questa sessione, grazie all'ormai mitico prestito con diritto di riscatto.  In sostanza un differimento delle uscite, sempre che poi si decida di procedere ai riscatto. Pi&ugrave; interessante &egrave; vedere come questo attivismo ha cambiato i valori sportivi in campo, squadra per squadra, riferiti alle sette sorelle del 2014 (rispetto a quelle di fine anni Novanta c'&egrave; il Napoli al posto del Parma).   Nessun dubbio che abbia vinto la Roma, con Sabatini stra-bravo come al solito a vendere: incassare pi&ugrave; di 25 milioni dalla cessione di un giocatore scontento come Benatia &egrave; stata un'impresa senz'altro superiore all'acquisto di Iturbe per 22. Ma &egrave; tutta la Roma che nel complesso si &egrave; rafforzata in difesa, fra Astori, Manolas, Yanga-Mbiwa e Cole. &Egrave; piaciuto molto anche il mercato di Lotito, che forse ha capito che in questo clima di depressione il salto di qualit&agrave; &egrave; pi&ugrave; facile. Non &egrave; un caso che le romane siano quelle che ufficialmente hanno messo pi&ugrave; soldi veri in campo, chiudendo con un rosso di mercato ben superiore ai 20 milioni.   Anche la Lazio ha lavorato molto sulla difesa, cambiando la quasi totalmente. Basta sulla destra, De Vrij in mezzo, Gemtiletti come utile alternativa. Poi a centrocampo un nazionale come Parolo e in attacco un Djordjevic che come vice Klose ci sta tutto.   Prima come valore assoluto ma terza sul mercato &egrave; stata senza dubbio la Juventus: Coman e Romulo possono essere, rapportati all'esborso, dei veri colpi mentre Morata &egrave; un punto interrogativo e alla fine la va vittoria &egrave; quella di avere tenuto Vidal e Pogba, per mancanza di offerte irrinunciabili, e di avere cambiato non del tutto volontariamente l'allenatore.Una squadra vincente data in mano a un tecnico di impostazione mentale diversa, come &egrave; Allegri rispetto a Conte (per non citare Capello rispetto a Sacchi), pu&ograve; trovare nuovo entusiasmo. Di sicuro meglio un allenatore che non abbia gi&agrave; pronto l'alibi del mercato.   Quarto posto nella classifica del mercato delle sette sorelle all'Inter, che ha dato a Mazzarri una squadra molto mazzarriana con tutti i pro e i contro del caso. Difficile vedere il tiqui taca con M'Vila e Medel, difficile vedere nel 33enne Vidic un pilastro del futuro, ma buona l'operazione Dodo e doverosa la scommessa su Osvaldo. Scommesse anche al Milan, a partire da Fernando Torres e Menez, anche se ovviamente la scommessa pi&ugrave; grande di tutte &egrave; stata la cessione di Balotelli.   Sesto posto alla Fiorentina, che ha resistito alle offre per Cuadrado e ultimo al Napoli perch&eacute; ha legato il suo mercato a una partita ad altissimo rischio come i playoff Champions. Fosse andato bene, magari saremmo qui ad esaltare il genio di De Laurentiis bravo a piazzare la zampata finale. Ma &egrave; andata male.

Lo scudettino di Sabatini

Fabrizio Bertuzzi commenta in video il nuovo acquisto della Roma, Tin Jedvaj, " La societ&agrave; giallorossa si conferma la numero uno in Italia nell'attivit&agrave; di scouting di giovani talenti. Il d.s. Sabatini ha piazzato un nuovo colpo di calciomercato acquistando dalla Dinamo Zagabria per circa 5 milioni di euro il promettentissimo difensore croato Tin Jedvaj, classe 1995. Chi ha avuto la fortuna, come il sottoscritto, &nbsp;di poter vedere dal vivo giocare il giovanissimo centrale difensivo croato, pu&ograve; dire che siamo al cospetto di un vero talento. Osservandolo, si nota subito il suo scatto, il suo passaggio preciso nell' impostazione del gioco &nbsp;e ricorda i grandiosi centrali di difesa del passato. Jedvaj pu&ograve; giocare in tutti i ruoli del reparto difensivo ed &egrave; molto bravo anche nel ruolo di centrale basso di centrocampo e per la sua duttilit&agrave; e classe ricorda a molti due mostri del passato: &nbsp;l'olandese Ruud Krol e l'ex capitano del Milan Franco Baresi. Tin Jedvaj &egrave; un difensore molto tecnico, gioca a testa alta e quindi possiede un'ottima visione di gioco. Nella sua ex squadra, la Dinamo Zagabria, ha giocato parecchie partite nel ruolo di terzino destro e ha impressionato tutti per la capacit&agrave; di adattarsi in un ruolo non suo e per il suo carisma, sebbene sia giovanissimo, nel guidare il reparto difensivo. Sar&agrave; fondamentale per lui ambientarsi &nbsp;per bene in Italia e poi sicuramente vedremo, grazie all'oculatezza della Roma, un difensore d'altri tempi".  http://www.youtube.com/watch?v=XV2aC7Xoh_0&amp;feature=c4-overview&amp;list=UUewnn7OLZBtWs5NkYPNwJ9g  Roma, ecco chi &egrave; Tin Jedvaj  http://www.youtube.com/watch?v=L-RTofOAs_o 

Tin Jedvaj, un difensore d&rsquo;altri tempi

Franco Baldini &egrave; uno dei personaggi pi&ugrave; detestati dal radiato Moggi, gi&agrave; solo questo fatto dovrebbe renderlo simpatico a chi crede, o almeno spera, in un calcio pi&ugrave; pulito di quello attuale e soprattutto di quello del recente passato. Un passato che non ritorna, per la semplice ragione che mai se ne &egrave; andato: tutti i dirigenti squalificati, da Galliani ai Della Valle passando per Lotito e Preziosi, invece di essere invitati ad occuparsi d'altro (per motivi di decenza, non giuridici) sono ancora qui a dettare la loro modesta legge. Detto questo, i quasi due anni di seconda incarnazione romanista di Baldini sono da dimenticare sul piano dei risultati sportivi, ma non da buttare in assoluto perch&eacute; il lavoro non &egrave; stato solo quello sulla squadra. E adesso che ha rassegnato le dimissioni da direttore generale, rinunciando a due anni di contratto (non perch&eacute; sia un santo ma perch&eacute; ha il Tottenham gi&agrave; pronto: al colpo doppio, buonuscita pi&ugrave; nuovo ingaggio, poteva pensare solo Allegri), &egrave; possibile e doveroso un bilancio. Quello tecnico non risiede solo nei risultati, ma anche negli allenatori proposti (e non imposti, visto che c'erano e ci sono anche altri dirigenti, da Zanzi a Sabatini): i classici allenatori 'da progetto', che a Roma possono essere mediaticamente venduti meglio che in altre realt&agrave; condannate a vincere. Luis Enrique, formalmente arrivato prima di Baldini ma da lui apprezzatissimo, l'icona Zeman ma anche lo stesso Andreazzoli che si &egrave; giocato male l'occasione della vita. Scelte coerenti con una certa idea di calcio, scelte confermate da un calciomercato creativo (insieme a Sabatini) che alla Roma, nelle tre sessioni sotto la sua gestione, ha portato gente come Borini e Marquinho (gennaio 2012), Bradley, Tachtsidis e Destro (estate 2012), Marquinhos (gennaio 2013), solo per citare scelte non banali e di prospettiva. Tutte poi monetizzate o monetizzabili. Cos&igrave; come De Rossi, convinto l'anno scorso a rimanere grazie a un supercontratto (10 milioni di euro lordi l'anno), ma alla peggio stra-vendibile nell'Europa che conta. Il tutto navigando a vista, destreggiandosi fra l'ambiguo palleggiamento di responsabilit&agrave; fra Pallotta &amp; Friends e Unicredit, che da socio di minoranza &egrave; costretta, in quanto finanziatore, ad essere il vero padrone della Roma post Sensi. Con gli 'americani, Pallotta in testa, che di lui avevano una buona opinione non fosse altro che per il profilo internazionale e che culturalmente erano e rimangono il tipo di propriet&agrave; (anzi, 'propriet&agrave;', vista la situazione con Unicredit) pi&ugrave; adatta a quei progetti a medio termine tanto cari a Baldini. Probabilmente decisiva &egrave; stata la contestazione di parte della tifoseria, cos&igrave; come gli ultimi mesi sul campo con Andreazzoli di fatto pi&ugrave; vicino a Sabatini che a lui. Se poi vogliamo buttarla in caciara, si pu&ograve; dire che Totti (il cui ruolo politico viene ingigantito dai suoi antipatizzanti, ma che di sicuro pu&ograve; orientare gli umori del tifo) non si sia speso nei suoi confronti. Era insomma il momento giusto per tornare nell'amata Londra. Conclusione? Al pubblico romanista si prover&agrave; a vendere ancora il cosiddetto progetto, possibilmente con un allenatore che catalizzi l'attenzione. Ma, per citare Tot&ograve;, ogni limite ha una pazienza.

La Roma dell&rsquo;eterno progetto

Probabilmente c&rsquo;era chi pensava non avrebbe avuto neanche il tempo di disfare la valigie, invece, come dice lo stesso neo-allenatore della Roma Luis Enrique: &ldquo;Posso mangiare il panettone, il pandoro e anche il torrone spagnolo&rdquo;. Alla sua prima vera esperienza su una panchina di prima serie, in precedenza e per tre anni ha allenato il cosiddetto Barcellona B che milita nella cadetteria ispanica (subentrando in panchina all&rsquo;ex compagno di squadra Josep Guardiola, passato con successo alla prima squadra), sta stupendo anche i pi&ugrave; scettici e soprattutto sta conquistando una piazza e uno degli spogliatoi pi&ugrave; impegnativi d&rsquo;Italia. Spalletti e Ranieri tra le vittime recenti pi&ugrave; illustri. Ad aiutare l&rsquo;ex furia rossa, sicuramente il cambio al vertice societario con il passaggio della propriet&agrave; dalla famiglia Sensi all&rsquo;imprenditore italo-americano Thomas Di Benedetto. Cambio che ha portato il club capitolino a ringiovanire la rosa e a mettere le basi per un nuovo ciclo. Grande spalla del tecnico spagnolo il Ds Walter Sabatini che in pi&ugrave; di una difficile occasione ha &ldquo;protetto&rdquo; il tecnico spagnolo. Al di l&agrave; del modulo adottato, il 4-3-1-2, con un Totti dietro alle due giovani punte Osvaldo (ex Espanyol, nella foto) e Lamela (ex River Plate), incanta la coralit&agrave; continua di tutta la squadra che si muove, molto compatta, in tutti le fasi dell&rsquo;incontro. Cos&igrave; tutti gli attaccanti, i centrocampisti e i difensori partecipano e si aiutano. In questo modo gli stessi difensori sostengono la fase di attacco e gli avanti arretrano per aiutare le ultime linee, pronti ad approfittare di un qualsiasi errore dell&rsquo;avversario e ripartire in contropiede. Raddoppi e non solo di marcature sugli antagonisti e continua circolazione di palla, anche per linee orizzontali, costringe chi incontra la Roma a non trovare un punto di riferimento e a consumare una quantit&agrave; infinita di energie. Nonostante il trio Osvaldo, Lamela e Totti abbia enormi qualit&agrave; realizzative, i giallorossi portano a rete tantissimi altri calciatori. Un gioco molto dispendioso e fisico che ricalca, al momento in forma ridotta, quello dei campioni del modo del Barcellona. Scuola calciastica in cui si &egrave; formato come calciatore e tecnico proprio l&rsquo;allenatore spagnolo di Gijon. Chiss&agrave; se cos&igrave; sara e se Luis Enrique potr&agrave; gustarsi anche la colomba pasquale?  Pier Paolo Cioni  [poll id="28"] 

La Roma di Enrique

Luis Enrique sar&agrave; il prossimo allenatore della Roma. Ha firmato un contratto di 24 mesi. Prender&agrave; 1,6 milioni di euro a stagione. 41 anni e gli ultimi tre trascorsi sulla panchina del Barcellona. Quello b, per&ograve;, che in Spagna (a differenza delle nostre squadre &ldquo;Primavera&rdquo;) disputa&nbsp; regolarmente le divisioni inferiori. Come la Segunda B (la nostra serie C) nella quale Luis Enrique &egrave; riuscito a portare la squadra al 2&deg;posto e alla promozione nella Segunda.&nbsp; Competizione quest&rsquo;ultima, conclusa meno di un mese fa con uno storico 3&deg; posto, valido per la qualificazione ai playoff a cui la squadra &ndash; non potendo stare nella stessa serie del Barcellona A &ndash; non ha potuto partecipare. Luis Enrique &egrave; sbarcato nella capitale, dunque. Sponda giallorossa. L&rsquo;ha voluto Walter Sabatini. E gli Americani. Una scelta impopolare, alla moda, quasi snob, verrebbe da etichettare. L&rsquo;idea di fondo &egrave; di creare una squadra che sappia vincere e mettere in mostra un calcio propositivo e offensivo. L&rsquo;idea di fondo, ovviamente, &egrave; anche quella di creare una copia pi&ugrave; o meno perfetta del Barcellona neo campione d&rsquo;Europa. E non importa che quella squadra pu&ograve; schierare contemporaneamente gente come Iniesta, Xavi o Messi. Perch&eacute; i singoli sono importanti, certo, ma non fondamentali. Luis Enrique, infatti &egrave; convinto che si pu&ograve; giocare come il Barcellona&rdquo; anche se non sei il Barcellona. In fondo, i suoi ragazzi, per tre anni non hanno fatto niente di diverso da questo. Anche se per loro &ndash; potrebbe obiettare qualcuno &ndash; era pi&ugrave; facile, poich&eacute; avevano il vantaggio di spiare ogni giorno l&rsquo;allenamento dei grandi. Questa &egrave; la sfida della nuova Roma. La base della squadra &egrave; ottima. Non ci saranno Messi, Xavi o Iniesta (sempre loro) ma la rosa ha qualit&agrave;. Certo, serviranno rinforzi e Sabatini, nei prossimi giorni, si muover&agrave; proprio alla ricerca di questi. Giovani &ndash; possibilmente -&nbsp; e talentuosi. E i tifosi? La sensazione &egrave; che l&rsquo;amore con il nuovo tecnico non sia affatto scoppiato. Anzi. Pi&ugrave; che altro c&rsquo;&egrave; tanto scetticismo. Luis Enrique, in fondo, come tutti gli introversi, non ha nella simpatia la sua qualit&agrave; migliore. Lui, che sopporta a fatica le interviste e le parole a vuoto. Lui concreto e preciso. E dotato anche di grande carisma. Aspetto, questo, fondamentale per un allenatore. Insieme, possibilmente, a un Dna vincente: 207 presenze e 74 gol, con la maglia blaugrana. 2 Campionati spagnoli , 2 Coppe del Re, 1 Coppa delle Coppa, 1 Supercoppa Europea. Roma non &egrave; Barcellona. E&rsquo; un mondo a parte. Non migliore o peggiore. Diverso. La pressione mediatica nella capitale non &egrave; roba da poco. Luis Enrique avr&agrave; bisogno di tempo, il problema &egrave; quanto gliene concederanno i tifosi, reduci, loro, da una stagione deludente. La domanda &egrave;: nell&rsquo;anno dopo la famiglia Sensi, lo spagnolo &egrave; l&rsquo;allenatore giusto per rilanciare i giallorossi? Ad un&rsquo;analisi superficiale potrebbe sembrare quasi un salto nel vuoto. Ma non &egrave; cos&igrave;, perch&eacute; a Barcellona dicono che Luis Enrique sia un fenomeno vero e che si sarebbe seduto sulla panchina della prima squadra se Pep Guardiola avesse deciso di lasciare. Lusi Enrique, allenatore giusto perch&eacute;? 1 &ndash; E&rsquo; giovane, ha entusiasmo, carisma e soprattutto le idea chiare su come far giocare la sua squadra. 2- Nella sua breve carriera di allenatore alla guida del Barcellona B ha sempre fatto bene. Anzi, &egrave; andato ogni volta al di l&agrave; di ogni pi&ugrave; rosea aspettativa. Vincendo e soprattutto giocando un calcio spettacolare. 3 &ndash; E&rsquo; una novit&agrave;. E di conseguenza porter&agrave; alla Roma qualcosa che non ha nessun club italiano: un modo diverso di pensare il calcio. Non si sa ancora se sar&agrave; un successo o no, per il momento &egrave; una &ldquo;diversit&agrave;&rdquo;, e non &egrave; poco. Luis Enrique, non &egrave; l&rsquo;allenatore giusto perch&eacute;? 1 &ndash; Non ha nessuna esperienza nel Campionato italiano. Non ci ha mai allenato e soprattutto, a differenza di molti, non ci ha mai giocato. L&rsquo;impatto non sar&agrave; facile, perch&eacute; in Italia, a differenza di altre nazioni europee, il calcio non &egrave; uno sport ma una fede religiosa, una rivendicazione sociale. Un senso da dare alla propria vita. Qui da noi non si stacca mai per davvero. 2 &ndash; La pressione mediatica di Roma potrebbe creare dei problemi ad una persona &ndash; come dicono &ndash; taciturna, riservata e che non ama la stampa. Gli staranno addosso e alle prime difficolt&agrave; lo crocifiggeranno. 3 &ndash; Il 4-3-3 stile Bar&ccedil;a &egrave; un modulo spettacolare e vincente, ma, fuori dai confini blaugrana, in un campionato dove a contare sono solo i risultati, rischia di diventare un&rsquo;idea utopica. A Barcellona quel modo di stare in campo &egrave; una filosofia radicata nel club dai tempi di Cruyff. E&rsquo; un modo di essere. E&rsquo; libert&agrave;. E&rsquo; indipendenza catalana, pi&ugrave; che un semplice modulo tattico. Infatti, nel Mondo, nessuno gioca come loro. &nbsp; Francesco Aquino

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