Il congresso numero 43 dell&rsquo;UEFA, tenutosi a Roma, ha rieletto presidente Aleksander Ceferin. Lo ha fatto per acclamazione, come troppo spesso avviene nella politica sportiva dei candidati unici, con il sostegno di tutte le principali federazioni (fra queste l&rsquo;Italia di Gravina) delle 55 affiliate all&rsquo;UEFA, e il dirigente sloveno rimarr&agrave; quindi in carica fino al 2023. Un anno prima rispetto all&rsquo;avvio della nuova era della Champions League, ancora in bilico fra un modello Superlega (ma comunque legato all&rsquo;UEFA, qualsiasi progetto di scissione &egrave; tramontato) e uno parzialmente legato al diritto sportivo. Non azzardiamo comunque previsioni sul futuro di un organismo al cui interno gli equilibri possono sempre cambiare, al di l&agrave; del possibile rientro in campo di Michel Platini, mentre pu&ograve; essere interessante vedere come l&rsquo;UEFA si &egrave; evoluta nel tempo, visto che la sua storia &egrave; relativamente recente.  Inizia infatti nel 1954, durante il Mondiale svizzero, quando su iniziativa soprattutto italiana e francese si cerca di creare un blocco europeo che faccia sentire il suo peso all&rsquo;interno della FIFA ma che soprattutto organizzi le competizioni per nazionali e per club in Europa, mettendo un po&rsquo; d&rsquo;ordine e coinvolgendo i britannici. Il vecchio sogno di Henri Delaunay, che coltiva progetti del genere fin dagli anni Venti, da dirigente della FIFA di Jules Rimet. La UEFA nasce quindi nel 1954 a Berna, con Delaunay segretario generale e pi&ugrave; importante del presidente formale, il danese Ebbe Schwartz, ma il suo creatore non vedr&agrave; mai realizzati i suoi progetti visto che morir&agrave; nel 1955: la prima Coppa dei Campioni &egrave; proprio nella stagione 1955-56, con vittoria del Real Madrid, mentre il primo campionato europeo per club viene conquistato nel 1960 dall&rsquo;Unione Sovietica. Come segretario il suo successore sar&agrave; il figlio Pierre, fra l&rsquo;altro morto pochi giorni fa a quasi un secolo di et&agrave;.  Dopo otto anni di presidenza Schwartz, che lascia per diventare vicepresidente nella FIFA di Stanley Rous, nel 1962 viene eletto presidente lo svizzero Gustav Wiederkehr, che oscura il ruolo del segretario generale e in un certo senso prepara il terreno al decennio di Artemio Franchi. Dopo la sua morte una breve reggenza dell&rsquo;ungherese Sandor Barcs (capo della sua federazione ai tempi della Grande Ungheria di Puskas e Hidegkuti) c&rsquo;&egrave; infatti nel 1973 l&rsquo;elezione del grande dirigente senese, in un congresso tenutosi a Roma come l&rsquo;ultimo (apre i lavori un intervento di Andreotti). Non un santo, Franchi, come di recente ha ricordato uno che se ne intende come Blatter (che lo ritiene il maestro, con lui buon allievo, del giochino da sorteggio pallina calda-pallina fredda), ma certo l&rsquo;uomo che guida la trasformazione dal calcio europeo in bianco e nero a quello a colori. Quanto ai favoritismi ai club italiani, di cui &egrave; spesso stato accusato, nei 10 anni della sua presidenza (quindi con 30 coppe europee a disposizione), l&rsquo;unico trofeo alzato &egrave; quello della Juventus nella Coppa UEFA 1976-77, anche se bisogna ricordare che i club italiani dell&rsquo;epoca sono a livello internazionale davvero scarsi, oltre che privi di stranieri. Certo la nazionale italiana (Franchi &egrave; anche vicepresidente FIFA) raramente subisce arbitraggi ostili, ricordarlo non &egrave; un&rsquo;offesa ai campioni del mondo del 1982.  Dopo la morte di Franchi in un incidente stradale, nel 1983, significativamente sulla Firenze-Siena (e non &egrave; un caso che gli siano intitolati gli stadi di entrambe le citt&agrave;) mentre si sta occupando dell&rsquo;amato Palio, alla UEFA arriva il turno di un nuovo francese, Jacques Georges. Che per sempre rimarr&agrave; il presidente dell&rsquo;Heysel, catastrofe in cui le responsabilit&agrave; organizzative dell&rsquo;UEFA sono evidenti. Nel 1990 Georges, travolto non tanto da scandali quanto da un&rsquo;immagine improponibile (paga anche le sue parole dopo Hillsborough), viene sostituito dallo svedese Lennart Johansson, sotto la cui presidenza nasce la Champions League e soprattutto una UEFA in forte contrasto con la FIFA. Nemico giurato di Blatter, perder&agrave; nel 1998 contro di lui la corsa per il dopo Havelange ma rimarr&agrave; comunque a gestire un calcio europeo totalmente cambiato dalla sentenza Bosman.  Nel 2007 Johansson viene battuto da Platini, in una delle poche elezioni serie che si ricordino, in cui davvero ci sono posizioni contrapposte: 27 voti a 23 per il francese travolto nel 2015 dalle note vicende ma con tante idee forti, su tutte il fair play finanziario che avrebbe introdotto insieme al suo collaboratore Gianni Infantino. A onore di Platini anche l&rsquo;aver depotenziato qualsiasi tentativo di secessione dei grandi club (chi si ricorda il G-14?) inventandosi l&rsquo;ECA, attualmente presieduto da Andrea Agnelli. La stessa Nations League nasce da un&rsquo;idea di Platini. Dopo la reggenza di Angel Villar, dal 2016 ecco Ceferin, abile a giocare sul tavolo delle piccole nazioni cos&igrave; come su quello della nazioni trainanti. Se riuscir&agrave; a sopravvovere politicamente alla riforma della Champions &egrave; possibile che la sua presidenza batta ogni record, visto che ha soltanto 51 anni.&nbsp; 

<p>Il dirigente sloveno &egrave; stato rieletto presidente delle federazioni europee al congresso di Roma e il suo governo potrebbe durare molto a lungo. Non soltanto per la mancanza di avversari...</p> 

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La UEFA nell'età di Ceferin